Terre Civiche e Proprietà Collettive del Tavoliere, Gargano, Murgia ed ‘Alta Murgia’ di Puglia. Sintesi storica e loro possibile valorizzazione nelle prospettive e realtà dello sviluppo strategico delle aree rurali

Terre Civiche e Proprietà Collettive del Tavoliere, Gargano, Murgia ed ‘Alta Murgia’ di Puglia. Sintesi storica e loro possibile valorizzazione nelle prospettive e realtà dello sviluppo strategico delle aree rurali, di FRANCESCO MASTROMARCO , Istruttore Perito  Demaniale - Delegato Tecnico, Incaricato della redazione dell’Inventario Informatizzato dei Beni Civici dei singoli Comuni della Regione Puglia, Presidente della Associazione per la Rivalutazione Storica del Mezzogiorno d’Italia.
SOMMARIO. L’area della Capitanata e del Gargano, della provincia di Foggia, già dalla seconda metà del Duecento fu caratterizzata da una prevalenza nettissima dell’elemento agrario e rurale, ivi comprese le zone selvatiche ed i paesaggi rupestri.
Nel 1270 la riforma e l’ampliamento delle masserie già esistenti da 840 a 1.170 ettari complessivi, e l’integrazione di altre superfici coltivabili per poco più di 500 ettari con 673 buoi, segnavano un netto risveglio dell’agricoltura.
I laghi di Lesina e Varano ‘producevano’ pesca abbondante. L’alto ed il basso Tavoliere ebbero un ruolo affine a quello delle masserie, ma in forma più tradizionalistica.
Dopo vari secoli di intensa vitalità, si ebbe un lento declino, che per alcune terre fu molto rapido.
Verso il 1640, la scarsezza di capitale divenne pressante e si parlò di privatizzazione (anche a quei tempi!) delle terre attraverso la vendita delle ‘difese’ i cui ‘canoni’, ‘censi’ e ‘vigesime’ erano crollati infinitamente, essendo i massari sull’orlo del fallimento. Il terremoto del 1627 prima e la peste del 1656 poi,  fecero tracollare le economie.
La sorte del Tavoliere fu decretata  dalla censuazione ed enfiteusi, e l’usurpazione che ne derivò da parte di alcuni, costituì il tracollo definitivo. Le  terre a pascolo già vincolate al regime della Dogana del Tavoliere furono in gran parte dissodate a partire dal decennio francese in poi. Vasto territorio situato ai confini tra la Puglia e la Basilicata e che includeva notevole porzione degli ex feudi , fu dissodato per circa 10.000 dei 17.000 ettari di pascolo dell’ex tavoliere.
 Alle pianure lungo la fascia costiera, densamente popolate e ricche di centri abitati distribuiti a breve distanza, fa riscontro nell’interno ‘La Murgia’, con le sue grotte ed i suoi anfratti ed i suoi pianori vastamente estesi.
 Elementi caratteristici del paesaggio sono le ‘lamie’: fossati di varie profondità creati dal defluvio delle acque. La rete stradale particolarmente fitta verso la costa, risulta notevolmente più povera verso l’interno. Elementi inequivocabilmente specifici sono quelli relativi al contesto propriamente agrario; ne emerge, la forte differenziazione tra la fascia murgiana, a forte economia cerealicola – pastorale e la costa , segnata da colture arbustive di tipo intensivo. Ovini, biade, orzo, frumento abbondano verso Gravina e Altamura, a Spinazzola, Minervino Murge; mentre gli ulivi sono  nella terra di Bitonto e Molfetta ed in tutta la fascia costiera.
Numerose testimonianze storicamente restituiscono il quadro più vero e dettagliato della diversificazione colturale e produttiva: nelle Murge prevalse l’allevamento e la cerealicoltura consociata ed avvicendata a volte sugli altopiani alla fava, che assicura l’arricchimento in azoto del terreno (se ne ha testimonianza già nel 1305). Prevalgono gli appezzamenti di grande estensione la cui estensione è calcolata in ‘aratri’. A Gravina fra i più consueti ovini e bovini viene segnalato un caratteristico aspetto faunistico, nel 1281: la presenza di bufali ambientati presso la Pescara esistente sino al 1623. Ma, tutta la produzione affluiva ed affluisce nelle città costiere.
 L’ultimo ventennio del secolo scorso ha registrato la caduta del mercato granario, e la apertura di una grande crisi nel settore.
Dagli Spinazzolesi, Minervinesi, Altamurani e Coratini è stata dissodata gran parte della Murgia. Degli oltre 22.000 ettari di terre demaniali possedute dai comuni della Murgia meridionale, dopo l’eversione della feudalità, poco più di 5.000 ettari furono quotizzati, 7.943 ettari furono conciliati a vari usurpatori con canoni irrisori e 2.063 ettari furono usurpati senza avere la conciliazione; quindi ben 10.000 ettari caddero legalmente nelle mani della borghesia agraria, oltre altri 7.000 ettari circa senza nemmeno il pagamento del canone a favore delle comunità.
In pochi decenni, vi è stato uno sconvolgimento dell’apparato produttivo pugliese; nella seconda metà degli anni settanta la febbre del grano ebbe quale conseguenza il dissodamento di molti ettari di terre salde e di boschi; i domini collettivi furono ridotti “all’osso”.
Le problematiche sulla tutela e valorizzazione dei Domini Civici e le Proprietà Collettive residue, rimane sempre di attualità.
 Già agli inizi della restaurazione la viabilità fu individuata carente, in un discorso  pronunziato da Gennaro Tocco, in occasione della inaugurazione del Consiglio Provinciale della Terra di Bari il dì 10 ottobre 1821, si legge: “… fra le nuove strade decretate debba avere il primo luogo una strada interna da Canosa a Noci, esse sono tutte utili e piacesse al cielo potesse aversi una strada ad ogni passo! … non mi si vorrà certamente contrastare che i prodotti quasi esclusivi di questa provincia sono il “grano e l’olio, e che la massima estrazione di essi si fa per la via del mare.  “… ed  interventi  risanativi necessitano le lagune di Lesina e Varano.”
Le piccole e medie industrie di trasformazione dei prodotti agricoli, i frigo agro-alimentari ed una buona ricettività, completerebbero l’opera e la possibilità di una valida rivalorizzazione anche e soprattutto dei domini collettivi e delle aree rurali in generale; non trascurando il riutilizzo e la valorizzazione turistica dei tratturi, come già effettuato in altre regioni d’Italia.
Ecco alcuni dei grandi problemi ancor oggi irrisolti e che causano il perdurare dell’arretratezza dei territori dei domini collettivi e delle aree rurali e la inadeguata fattività della loro pianificazione.
Gli attuali concetti di pianificazione, sviluppo sostenibile e integrazione territoriale richiedono iniziative "progettuali" in grado di coesistere ed interagire con i mutamenti socio-economici-ambientali e di intervenire in tempi sufficientemente rapidi.
Nel recente passato le aree rurali sono state considerate come territori asserviti alle utilità (o alle inutilità o dannosità, a seconda dei "risultati" conseguiti) di una serie di attività che poco o spesso nulla avevano (ed hanno) a che spartire con "l'armonia" di tali siti.
Oggigiorno la salvaguardia e la valorizzazione di codeste aree, nonché il consolidamento e  la riaffermazione dei diritti su di esse vantati si deve fondare sul riappropriarsi e sullo sfruttamento dell' esercizio di tali diritti, indirizzando quest'ultimo verso il business del presente e ancor più del futuro: ossia colture e allevamenti 'biologici', sfruttando cioè le vocazioni storiche e culturali dei territori del Tavoliere e della Murgia; migliorando e organizzando competitivamente il settore agro-alimentare, integrandolo e compenetrandolo razionalmente nel settore turismo (particolarmente promettente) e dell'ecoturismo.
Imprescindibile sarà altresì un'adeguata ed innovativa gestione dell'aspetto della "comunicazione", elemento cardine di una società che oramai si fonda sulla "immagine" e che con essa si identifica. In effetti queste iniziative cominciano a svilupparsi con risultati e prospettive lusinghieri in quell'area oggi nazionalmente nota come "Parco del Gargano".
Ma qualsivoglia pianificazione e sviluppo territoriale necessita di quelle vitali infrastrutture quali sono i trasporti, di cui la Regione Puglia ha sempre accusato sia la scarsezza, sia -spesso- la carenza, pur non facendo difetto né mirabili iniziative né la "fattibilità"; infatti oltre a ragguardevoli progetti circa la viabilità stradale prospettati da Gennaro Tocco (già cennato) in occasione dell'inaugurazione del Consiglio Provinciale della Terra di Bari il dì 10 ottobre 1821; straordinario è quanto propose Carlo Arfan de Rivera nel 1823: "…. Trattandosi in quest'opera del progetto di congiungere il Mar Tirreno all'Adriatico per mezzo di un canale di navigazione, …. . Dalla ispezione della carta (del Rizzi Zannoni -n.d.a.-) del paese si rileva che più facile e di minor dispendio riuscirebbe l'intrapresa di unire con un canale navigabile l'Ofanto al Sele.” “...Congiungendo infine tra loro i fiumi Ofanto, Carapelle, Cervaro, Candelaro e i loro affluenti con canali di navigazione e d'irrigazione in tutti i sensi, la Capitanata ed una parte della Terra di Bari, che per se stesse sono tanto fertili, diverrebbero il modello della più florida coltivazione e della più grande opulenza, … ".
Sconfortante è paragonare quanto si programmava nella prima metà dell'800 (sotto il denigrato dominio Borbonico) con quello che si verifica agli inizi del terzo millennio nella Regione Puglia (dopo quasi 60 anni e non pochi, oramai, di "Governo locale"): lo smantellamento da parte della compagnia di bandiera di parte dei collegamenti aerei e il suo palese disinteresse sia per il presente sia per il futuro del settore nella nostra Regione (non da meno sono le Ferrovie ); la  inefficiente, inadeguata e quasi disastrosa situazione in cui versa il settore aeroportuale; la cronica incompletezza e scarsezza della viabilità stradale.
Strade, canali navigabili, aeroporti, facilitando i trasporti, sono gli efficaci ed indispensabili mezzi per promuovere e supportare la prosperità e l’economia delle aree rurali, si intende, sempre nel pieno rispetto sia idrogeologico che paesaggistico del territorio, senza compromettere l’ambiente  e tutelando la conservazione delle specie animali selvatiche e delle specie arboree.
Altra operazione utile e necessaria è il realizzare l’inventario delle aree e dei territori di dominio collettivo per l’attinente l’habitat naturale - si ribadisce - in relazione alle piante, animali in via di estinzione, qualità dei boschi: soprattutto di latifoglie.
Riprendendo e realizzando i grandi temi già discussi nel passato si potrebbe, in una pianificazione moderna, ridare nuova vita allo sviluppo delle aree rurali con conseguente rivalorizzazione dei domini collettivi e delle terre civiche.